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   Scienze Economiche
  copyRIGHT ???

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  •  Pispax
      Pispax
copyRIGHT ???
#1
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 19/3/2009
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Sul fronte del Diritto di Autore si stanno rincorrendo le notizie più disparate.

E' recente la notizia della condanna, in Svezia, dei quattro proprietari del sito The Pirate Bay.
Il sito non deteneva e non scambiava nessun materiale protetto da copyright, sia chiaro. Però era ponte per gli scambi P2P che utilizzavano il protocollo torrent. Distinzione non da poco, visto che proprio grazie a ciò dopo appena un giorno e mezzo il Pubblico Ministero Hakan Rosvall aveva ritirato metà delle accuse.
La causa era quindi partita in modo favorevole per i quattro imputati, poi è arrivata l'inaspettata condanna.

Oggi se ne conoscono forse meglio i motivi: il giudice Tomas Norström era anche membro della Swedish Copyright Association e faceva addirittura parte del consiglio di amministrazione della Swedish Association for the Protection of Intellectual Property.
Però nel suo intimo ha ritenuto che l'appartenenza a queste due associazioni, in una delle quali rivestiva persino cariche dirigenziali, non costituisse conflitto d'interesse nel giudicare la causa di Pirate Bay.
Pare che il processo ora si debba rifare daccapo, ma tant'è.

Sempre nello stesso giorno arriva notizia che i diritti di autore per gli interpreti passano da 50 a 70 anni a partire dalla prima esecuzione. Il Commissario Europeo McCreevy aveva richiesto l'allungamento fino a 95 anni per adeguarsi agli USA. Che culo.
Non ci dimentichiamo però che i Diritti d'Autore per i compositori valgono fino a 70 anni dopo la data della loro morte. Mentre il diritto d'autore per gli interpreti durava 50 anni quello per gli autori poteva durare anche più di un secolo.
Morale: i compositori delle canzoni portate al successo da Mina nel 1958 riscuoteranno i diritti per ogni passaggio in radio; le Case discografiche anche. Solo Mina - o chi per lei, magari gli eredi Pavarotti - non beccano più un soldo, e giustamente reclamano.

In effetti il copyright sulla musica è quello che fa infuriare di più.
I cd vengono venduti a costi esorbitanti, i costi vivi di produzione e di distribuzione sono ridotti al minimo. Solo una parte tutto sommato molto piccola di questo enorme plusvalore generato dalla musica finisce in tasca agli artisti; il resto arricchisce i discografici.
Che hanno badato bene a tutelarsi molto oltre i limiti del ragionevole. Se ci scandalizziamo perché i diritti su una molecola farmaceutica innovativa sono garantiti per vent'anni (il più delle volte lo facciamo giustamente, visto che le Case farmaceutiche hanno campato per decenni brevettando cure conosciute da secoli ma che nessun altro aveva badato a brevettare), che dovremmo dire rispetto a questo enorme pezzo di cultura che poche società hanno letteralmente preso prigioniero?

Chiaramente i discografici s'incazzano parecchio con internet e con il P2P che gli sta rovinando questo giocattolo luccicante e truffaldino, ed esercitano le loro milionarie pressioni.




Ma l'ansia di copyright non è solo un problema della musica. Oltre ai frutti materiali dell'ingegno, le famose "invenzioni", si brevetta di tutto.

Per esempio si brevettano gli algoritmi.
Per fortuna almeno questa è roba nuova, altrimenti Fibonacci avrebbe brevettato la sua famosa Serie e magari José Raul Capablanca avrebbe brevettato le sue famose aperture negli scacchi, impedendo agli altri giocatori di utilizzarle oppure gironzolando per i circoli scacchistici con un paio di bollettini di versamento di c/c pronti in tasca nel caso vedesse qualcuno che attingeva ai frutti del suo ingegno.
Fra gli esempi più famosi di brevetto degli algoritmi: il motore di ricerca Google si muove grazie a PageRank, un algoritmo proprietario, e altri algoritmi sono stati brevettati sempre da Google successivamente.
Risalendo nel tempo e cambiando soggetti vediamo che i brevetti per l'algoritmo LZW (che permette la compressione delle immagini gif) era stato depositato già nel 1983.

E non solo: si brevettano pure i metodi commerciali, come il famoso OneClick di Amazon. Se un altro sito di e-commerce utilizza qualcosa di simile all'OneClick, Amazon lo azzanna subito alla gola.
Comunque per fortuna qui il ghiaccio si fa davvero sottile. Per esempio la Corte di Appello statunitense ha ritenuto non brevettabile la domanda presentata da Bernard L. Bilski e Rand A. Warsaw (due manager della WeatherWise di Pittsburgh) relativa ad un metodo commerciale per prevenire i rischi del mal tempo nella vendita di prodotti agricoli.




Il fronte più grottesco del problema del copyright resta comunque il brevetto dei marchi.
Non che sia sbagliato di per sé, intendiamoci.
Un'azienda investe milioni in investimenti pubblicitari, e poi magari s'arrabbia un po' se un suo concorrente vende i propri prodotti con la stessa confezione e con lo stesso nome.
Oggi il valore del marchio Intel per esempio è stimato intorno ai 31 miliardi di dollari. La sua valutazione è arrivata a questi altissimi livelli grazie a una serie di fattori concorrenti, quali una sostanziale e stabile bontà del prodotto (la qualità è una roba che costa molto) e tutta una serie di costosi investimenti pubblicitari.
Se un'altra azienda di elettronica decide di punto in bianco di chiamare "Intel" i propri prodotti è evidente che commette una scorrettezza, e che va fermata.

Per anni Intel ha pubblicizzato i propri processori con il claim "Intel Inside".
Niente di male, fino a quando l'avida Intel ha esteso le proprie pretese anche alla parola "Inside", citando per danni nel 2003 la napoletana Sbf Elettronica che aveva osato scrivere sui propri prodotti "G Genoa Power Inside".
"Tramite i suoi avvocati, l’Intel sosteneva che la presenza all’interno del marchio della parola “inside” - ormai distintiva del proprio logo - induceva il consumatore medio ad associare i prodotti della Sbf a quelli della Intel, ledendone, così, i diritti." (http://www.comunicati-stampa.net/com/cs-2792/)

Non è stato il solo caso.

Nel 2004 Stelios Haji-Ioannou, fondatore della linea aerea britannica a basso costo EasyJet ha manifestato l'intenzione di aprire in Gran Bretagna una compagnia di telecomunicazioni, la Easy Mobile.
Rapido inalberamento di Orange, il gigante francese delle TLC , che ha diffidato Stelios Haji-Ioannou dall'utilizzare il colore arancione per il proprio branding.

Si può anche peggiorare.
Nel 2007 la T-Mobile ha intentato causa ad una serie di altre società, quali Slam FM, Compello e 100% NL (non che c'entri qualcosa, ma nessuna di esse si occupa di telefonia), colpevoli dell'efferato crimine di usare nei propri loghi e nelle loro comunicazioni un colore di cui l'azienda telefonica olandese riteneva di avere l'assoluta e completa esclusiva: il magenta.
Infatti l'aveva persino registrato. Il loro sito riportava: "the color magenta are registered and/or unregistered trademarks of Deutsche Telekom AG in the US and/or other countries."
Chissà se hanno mai fatto causa a Hello Kitty.
Per fortuna poi è arrivata una sentenza della Corte europea che vieta la registrazione commerciale dei colori, altrimenti dovremmo vestirci tutti in bianco e nero.



Niente tempora e niente mores. Non sono degenerazioni dei tempi che corrono.


Quando la Warner Bros seppe che i Fratelli Marx stavano preparando un film dal titolo "Una Notte A Casablanca", uscito poi nel 1946, minacciò di intentare una causa legale contro di loro.

Ecco parte della risposta che l'iconoclasta Groucho Marx scrisse a nome suo e dei suoi fratelli.

"Cari fratelli Warner
evidentemente ci sono molti modi di conquistare una città e di conservarne il dominio.
Per esempio, quando questo film era ancora in fase di progetto, non avevo idea che la città di Casablanca appartenesse esclusivamente alla Warner Brothers. E invece, solo pochi giorni dopo aver pubblicato il nostro annuncio, riceviamo la vostro lunga, ominosa missiva che ci intima di non usare il nome Casablanca.
Sembra che nel 1471 Ferdinando Balboa Warner, il vostro bis-bis-bisavolo, mentre cercava una scorciatoia per la città di Burbank, capitasse per caso sulle coste dell'Africa e, levando in aria il suo Alpenstock (barattato poi con un centinanio di acri di terra) battezzasse quel luogo Casablanca.
Non riesco proprio a capire il vostro comportamento.
Anche se intendete rispolverare il vostro film, sono sicuro che con il tempo lo spettatore medio imparerà a distinguere Ingrid Bergman da Harpo.
Io non so se ci riuscirei, ma di sicuro mi piacerebbe provarci.
Voi sostenete di essere i proprietari di Casablanca e vietate a chiunque di utilizzare questo nome senza il vostro permesso. Ma come la mettiamo con "Warner Brothers"? E' vostro anche questo? Probabilmente avete il diritto di utilizzare il nome Warner, ma "fratelli"? Professionalmente, noi siamo fratelli da molto più tempo di voi. I Fratelli Marx se la sgavettavano in giro per i teatri quando il Vitaphone era ancora un sogno proibito nella mente del suo inventore, e del resto prima di noi ci sono stati altri fratelli: i fratelli Lumière, i fratelli Karamazov, Dan Fratelli, un esterno che giocava nel Detroit

...

Ho la sensazione che questo tentativo di impedirci di utilizzare il titolo sia stato partorito dalla mente di qualche azzeccagarbugli dal musetto aguzzo, che sta svolgendo un breve periodo d'apprendistato nel vostro ufficio legale. Lo conosco bene quel genere: fresco fresco d'università, affamato di successo e troppo ambizioso per seguire le naturali leggi della promozione. Questo scellerato causomane ha probabilmente istigato i vostri avvocati [...] a tentare la diffida.
Ebbene, non la passerà liscia! Gli daremo battaglia fino all'ultimo appello!
Nessun esangue avventuriero legale riuscirà a spargere zizzania fra i Warner e i Marx.
Dentro di noi siamo tutti fratelli, e rimarremo in armonia fino a che l'ultima bobina di Una Notte A Casablanca avrà terminato di svolgersi sul suo rullo.



Ossequi
Groucho Marx"


("O quest'uomo è morto o il mio orologio si è fermato", a cura di Stefan Kanfer, ed. Einaudi)



Insomma: il diritto d'autore non è un diritto naturale, ma in qualche modo tutti riteniamo che se brillante inventore scova qualcosa che migliora la vita di tutti sia legittimo che si possa arricchire con quella sua fantastica idea.
In definitiva per arrivare a quel risultato ci ha speso tempo e soldi.

Però quand'è che il copyright oltrepassa i confini del lecito e diventa un copywrong?
Inviato il: 26/4/2009 17:11
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  •  Ashoka
      Ashoka
Re: copyRIGHT ???
#2
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 11/7/2005
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Cosa ne penseranno i cattivi (by definition) anarco-capitalisti del copyright et similia?
Inviato il: 26/4/2009 17:30
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  •  carloooooo
      carloooooo
Re: copyRIGHT ???
#3
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 9/7/2006
Da marca gioiosa et amorosa
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Citazione:
Cosa ne penseranno i cattivi (by definition) anarco-capitalisti del copyright et similia?


Non possono ovviamente considerarlo proprietà, o sarebbero costretti ad ammettere che mi è lecito sparare a uno che per strada fischietta una mia canzone.
_________________
Bicarlonato.
Inviato il: 26/4/2009 19:51
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Re: copyRIGHT ???
#4
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 25/6/2004
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Non possono ovviamente considerarlo proprietà, o sarebbero costretti ad ammettere che mi è lecito sparare a uno che per strada fischietta una mia canzone.

Se fischietta una canzone di Gigi d'Alessio, approvo all'unanimità.
Inviato il: 26/4/2009 21:17
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  •  Pausania
      Pausania
Re: copyRIGHT ???
#5
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 6/4/2006
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Sarò ignorante, ma copyright, diritto d'autore e brevetto non sono tre cose diverse?

(poi pensavo di scatenare un bel flame: strano che il copyright di cui tutti si lamentano sia nato come forma di controllo governativo sull'editoria )
Inviato il: 26/4/2009 23:57
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  •  Pispax
      Pispax
Re: copyRIGHT ???
#6
Sono certo di non sapere
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@Pausania.

Citazione:
Sarò ignorante, ma copyright, diritto d'autore e brevetto non sono tre cose diverse?

In un certo senso si.
In ogni caso ambetre queste cose sono meccanismi di protezione di una cosiddetta "proprietà" intellettuale.
Tutti prevedono che tu non possa replicare quanto sottoposto a tutela a meno che tu non sia espressamente autorizzato, o se lo fai (nel caso di diritto d'autore per la musica le repliche sono ovviamente molto benvenute) devi pagare una quota in denaro all'autore/inventore.


Oggi il controllo dell'editoria è un effetto "collaterale" inevitabile e purtroppo molto sfruttato.
Se qualcuno scrive una cosa "scomoda", basta che un editore acquisti i diritti su di essa e poi è assolutamente a sua discrezione decidere se stamparla o no, ristamparla o no e il numero delle copie da pubblicare nell'uno o nell'altro caso.

Nel frattempo se qualcuno si prova a distribuirla in fotocopia o, peggio che mai, a pubblicarla su internet vìola la legge.
Le multe sono salatissime, e in alcuni casi - grazie anche alla nuova legge sul diritto d'autore - è previsto anche l'arresto.
Inviato il: 27/4/2009 18:34
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  •  Pispax
      Pispax
Re: copyRIGHT ???
#7
Sono certo di non sapere
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Da wiki

Le prime normative sul diritto di copia (copyright) furono emanate dalla monarchia inglese nel XVI secolo con la volontà di operare un controllo sulle opere pubblicate nel territorio. Col diffondersi delle prime macchine automatiche per la stampa, infatti, iniziò ad affermarsi una libera circolazione fra la popolazione di scritti e volumi di ogni argomento e genere. Il governo, poiché la censura era all'epoca una funzione amministrativa legittima come la gestione della sicurezza pubblica, avvertì il bisogno di controllare ed autorizzare la libera circolazione delle opinioni.[1] Ragion per cui fondò una corporazione privata di censori - la London Company of Stationers (Corporazione dei Librai di Londra) - i cui profitti sarebbero dipesi da quanto fosse stato efficace il loro lavoro di censura filo-governativa.[1]

Agli Stationers (ovvero gli editori) furono concessi i diritti di copia (copyright, appunto) su ogni stampa, con valenza retroattiva anche per le opere pubblicate precedentemente. La concessione prevedeva il diritto esclusivo di stampa, e quello di poter ricercare e confiscare le stampe ed i libri non autorizzati, finanche di bruciare quelli stampati illegalmente.[2] Ogni opera, per essere stampata, doveva essere registrata nel Registro della corporazione, registrazione che era effettuabile solamente dopo un attento vaglio ad opera del Censore della corona o dopo la censura degli stessi editori. La corporazione degli editori esercitava perciò a tutti gli effetti funzioni di polizia privata, dedita al profitto e controllata da parte del governo.[2]

Ogni nuova opera veniva annotata nel registro della corporazione sotto il nome di uno dei membri della corporazione il quale ne acquisiva il “copyright”, ovvero il diritto esclusivo sugli altri editori di pubblicarla; una corte risolveva le eventuali dispute fra membri.[3] Il diritto sulle copie (copyright), perciò, nasce come diritto specifico dell'editore, diritto sul quale il reale autore non può quindi recriminare alcunché né guadagnare di conseguenza.

Nel successivo secolo e mezzo la corporazione dei censori inglesi generò benefici per il governo e per gli editori: per il governo, esercitando un potere di controllo sulla libera diffusione delle opinioni e delle informazioni; per gli editori, traendo profitto dal proprio monopolio di vendita. Sul finire del XVII secolo, però, l'imporsi di idee liberali nella società frenò le tradizionali politiche censorie e causò una graduale fine del monopolio delle caste editrici.

Temendo una liberalizzazione della stampa e la concorrenza da parte di stampatori indipendenti ed autori, gli editori fecero valere la propria moral suasion sul Parlamento. Basandosi sull'assunto che gli autori non disponessero dei mezzi per distribuire e stampare le proprie opere (attività all'epoca assai costosa e quindi riservata a pochi), mantennero tutti i privilegi acquisiti in passato con un'astuzia: attribuire ai veri autori diritti di proprietà sulle opere prodotte, ma con la clausola che questa proprietà potesse essere trasferita ad altri tramite contratto.[1] Di lì in poi gli editori non avrebbero più generato profitto dalla censura sulle opere, ma semplicemente dal trasferimento dei diritti firmato (più o meno volontariamente) dagli autori, trasferimento in ogni caso necessario per la altrimenti troppo costosa pubblicazione delle opere.[1]

Su queste basi, nel 1710 venne perciò emanata la prima norma moderna sul copyright: lo Statuto di Anna (Statute of Anna).

A partire dalla Statuto di Anna, gli autori, che fino ad allora non avevano detenuto alcun diritto di proprietà, ottennero in sostanza il (tutto sommato vacuo) potere di bloccare la diffusione delle proprie opere, mentre la corporazione degli editori incrementò i profitti grazie alla cessione - sostanzialmente obbligatoria per ottenere stampa e distribuzione - da parte degli autori dei vari diritti sulle opere.[3]

Il rafforzamento successivo dei diritti d'autore su pressione delle corporazioni, generò gradualmente il declino di altre forme di sostentamento per gli autori (come il patronato, la sovvenzione, ecc.), legando e sottoponendo indissolubilmente il sostentamento dell'autore al profitto dell'editore.[4].



In ogni caso più che "diritto d'autore" andrebbe chiamato "diritto d'editore".
Le pene per la riproduzione non autorizzata delle opere sono maggiori di quelle per il plagio.
Quindi l'editore è più protetto dell'autore.
Inviato il: 27/4/2009 18:48
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  •  Pausania
      Pausania
Re: copyRIGHT ???
#8
Sono certo di non sapere
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Grazie Pispax

Segnalo questo post interessante:
http://liberteo.wordpress.com/002/

come si è evoluto? Non tramite un processo di mercato. Come tutti i privilegi (e sottolineo “privilegi”), è stato garantito dal re. L’idea non poteva, non avrebbe potuto, manifestarsi fino all’avvento del torchio tipografico di Gutenberg, con cui coincise l’aumento della divinità regale e, poco dopo, l’assalto violento del mercantilismo.

Ma chi trae beneficio da questo privilegio? C’è un impatto economico che non sono riuscito ad accennare immediatamente. Esso è, nelle parole di Bastiat, “il non visto”. Il copyright è il metodo con cui, dietro la copertura della protezione degli artisti, il grande editore porta restrizioni nel commercio. Sì, stiamo parlando di monopolio.

Per quanto le corporation lancino l’osso allo scrittore che lotta, e una occasionale bistecca alla decima richiesta di percentuali, esse ricevono il monopolio legale sulla pubblicazione, la composizione, la stampa, il packaging, la commercializzazione ed a volte perfino sulla distribuzione di un certo libro o giornale (per i quali ha l’esclusività nella disposizione di articoli, illustrazioni e inserzioni pubblicitarie). E’ abbastanza come integrazione verticale e restrizione al commercio?

[...]

Il marcio che corrompe il nostro intero mercato delle comunicazioni è così intrecciato con i diritti d’autore che non sopravviverebbe un istante all’abolizione dello stato e della relativa applicazione del copyright. Poiché i perdenti, gli scrittori sconosciuti e i loro lettori, perdono così poco ciascuno, sembra che siamo soddisfatti di essere “leggermente” borseggiati. Perché preoccuparsi dei pizzichi di zanzara quando abbiamo i segni delle ferite del vampiro, le tasse sui redditi e sull’automobile?
- continua
Inviato il: 27/4/2009 19:54
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  •  Pispax
      Pispax
Re: copyRIGHT ???
#9
Sono certo di non sapere
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Oggi la comunità europea ha bocciato il pacchetto telecom per la regolamentazione delle telecomunicazioni.
Tale pacchetto prevedeva la sospensione vita natural durante della possibilità di accesso a internet per chi fosse stato sorpreso a scaricare illegalmente prodotti protetti da diritto d'autore.
Era stato fortemente voluto dal presidende Sarkozy. Il fatto che sia sposato a una cantante è stato da molti ritenuto ininfluente..

Ecco come il Governo Italiano (citando la Reuters) commenta la notizia:

Citazione:
STRASBURGO, Francia (Reuters) - Il Parlamento europeo ha bocciato oggi un'importante riforma delle regole delle telecomunicazioni nell'Unione Europea a causa di alcune perplessità sui diritti degli utenti di Internet. Il Parlamento era chiamato a votare su tre proposte legislative che compongono la riforma. Gli Stati Ue, che hanno voce in capitolo assieme all'assemblea, avevano dato il via libera ma la bocciatura di un elemento comporta il ritorno al tavolo delle trattative per tutto il pacchetto. La riforma mira ad aggiornare le attuali regole Ue in materia di telecomunicazione messe a punto prima del massiccio utilizzo della banda larga, del sistema Wifi e dei telefoni cellulari.


Alcune perplessità una cippa.
Il Parlamento Europeo ha definito un diritto dei cittadini quello di poter avere accesso a. internet, e ha dichiarato che tale diritto può essere sospeso solo tramite sentenza di un tribunale.

Rabbia di Sarkozy, che avutone sentore si è consolato decidendo di far acquistare dal Governo francese 14.000 copie del disco della moglie, che in classifica stava andando maluccio.

P.S.:
Curiosità dal fronte RAI: la puntata di oggi di Trebisonda, programma per i ragazzi, ha accolto la notizia con sollievo rassicurando i ragazzi che scaricano roba illegalmente.
Forse ci sono ancora speranze.
Inviato il: 7/5/2009 16:53
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  •  carloooooo
      carloooooo
Re: copyRIGHT ???
#10
Dubito ormai di tutto
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Oddio, non è che prima del diritto d'autore gli artisti se la passassero granché bene: o leccavi il culo all'annoiato barone di turno oppure te ne andavi a zappare i campi.

Paganini - che non era figlio del re - incazzato nero impiantò e vinse una delle prime cause a riguardo perché i violinisti di mezza Europa facevano i soldi suonando i suoi pezzi.
_________________
Bicarlonato.
Inviato il: 7/5/2009 22:46
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